La “Stella rossa” di Nemega

Beppe Fenoglio lascia dettagliata e precisa memoria del gruppo partigiano al quale dà il nome di “Stella rossa”, seppure in forma romanzata.
Egli scrive, ne Il Partigiano Johnny, che la “Stella rossa” è comandata dal commissario “Nemega”, dal capitano “Zucca”, dal “tenente Biondo”, e dal “maresciallo Mario”.

I personaggi del romanzo sono tratteggiati dallo scrittore sulla base della sua conoscenza diretta: tranne che per il commissario Nemega, per gli altri tre utilizza nel romanzo gli effettivi nomi di battaglia.

Secondo Sergio Squarotti, figlio di Bartolomeo, il commissario comandante “Némega” è suo padre, così descritto da Fenoglio:
«Il commissario Némega aveva trent’anni, un benestante borghese, una figura smilza e di poca forza eppure dandy (raffinato), ed una testa molto somigliante, tranne le incisioni del vizio, a quelle di Osvaldo Valenti. Gli raggiava nel viso una finissima ilarità, come per la riuscita dell’equivoco, come a realizzazione e commento di aver preso in trappola con una rete dozzinale ed una volgare compagnia un pesce di pregio».

«Circa a metà maggio dell’anno 1944 un’automobile con due repubblicani (forse della Muti) percorreva la statale 29. Giunti nei pressi della casa cantoniera del Mussotto si fermarono dopo aver constatato la foratura di una gomma. Uno dei due rimase sul posto vicino all’automezzo, l’altro, rimossa la gomma, si avviava per far riparare la foratura, presso un gommista in regione Rondò. Arrivò, nel frattempo, una macchina con dei partigiani provenienti da Canale. Il repubblicano, rimasto a guardia della macchina, accortosi dell’arrivo dei partigiani cercò di nascondersi in un campo di mais. Trovato dai partigiani venne ucciso con un solo colpo alla nuca, una vera esecuzione. L’altro repubblicano, giunto sul posto con la gomma riparata, prese a bordo il cadavere del commilitone e proseguì verso Alba.
Alcuni giorni dopo vidi arrivare al Mussotto una macchina militare repubblicana scoperta con quattro partigiani sul sedile posteriore incatenati. Arrivati sul posto, dove alcuni giorni prima era accaduto l’episodio descritto, i partigiani vennero fatti scendere e schierati in fila con lo sguardo rivolto verso la collina di Castelrotto e fucilati alla schiena. Transitava, in quel momento, un carro tipo biroccio con cavallo di Giuseppe Dellapiana, reduce dalla Russia: i repubblicani lo fermarono, gli intimarono di caricare i quattro cadaveri e di trasportarli al cimitero di Mussotto dove le salme ebbero una prima sepoltura» (Testimonianza di Simone Barbero).

Per vendicare la morte del loro soldato a Mussotto, potrebbe trattarsi di Domenico Fortuna, i fascisti decidono per rappresaglia di fucilare in quel medesimo luogo 4 partigiani loro prigionieri.
Il 1 giugno 1944 portano presso la casa cantoniera, sulla statale 29 del Mussotto i quattro partigiani Scioratti, Squarotti, Cane e Botto e li fucilano.
Così Chiodi descrive l’episodio: «I° giugno. Stamane passando innanzi alla caserma ho assistito ad una scena impressionante. Una ventina di militi caricavano su un camion 4 giovani legati mani e piedi. Ho sentito uno gridare: – No, sono innocente! – un’ora dopo ho rivisto i militi che cantavano in un caffè. Si è sparsa fulminea la notizia che i quattro giovani sono stati massacrati al Mussotto sul luogo in cui, giorni fa era stata uccisa una SS. Non posso trattenermi dall’infilare la bicicletta e recarmi al Mussotto. A cento metri dalla cantoniera, sul bordo della strada, una gran pozza di sangue. Un vecchio cantoniere mi descrive, piangendo come un bambino, la orribile scena. Allontanandosi dice: – è meglio morire che sopportare questo […]».

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