Il giorno infinito. La morte di Giuseppe

Al calare della sera un drappello di tedeschi scende da Pocapaglia a Saliceto e muove verso la regione America dei Boschi diretta alla località Salimao.

Pirinoli, attivo e zelante fascista braidese, pochi giorni prima sequestrato e poi liberato degli uomini di Della Rocca dietro la promessa che si sarebbe allontanato dalla città, guida i tedeschi nel luogo in cui era stato trattenuto.

I partigiani autonomi sono da tempo accampati in questa ampia e isolata zona boschiva perché protetti dalla popolazione tra cui la famiglia Alessandria che vive in cascina Salimao.

«Sul far della sera la colonna che aveva raggiunto Saliceto guidata dal Pirinoli fece una puntata al Salimao: (il giorno dopo, 31 luglio, nda) tutta la famiglia Alessandria fu arrestata sotto l’accusa di aver ospitato i ribelli.

Il vecchio (Giacomo) Alessandria cercò di discolparsi ma il Pirinoli indicò il figlio Giuseppe (nato a Narzole, classe 1924, nda) come un bandito “perché più volte lo aveva visto all’accampamento”. E ciò fu sufficiente perché la cascina fosse incendiata.

Il giovane Giuseppe fu portato via e (il 31 luglio o 1 agosto, nda) fu ucciso con un colpo alla testa poche centinaia di metri distante e il cadavere fu lasciatosul ciglio di un fosso». (Della Rocca, 2009, pp. 108-109)

il racconto di Nina, la sorella di Giuseppe

«A cascina Salimau (la cascina degli Alessandria, nda) la rabbia dei repubblichini si placò solo dopo mezzogiorno, dopo che avevano razziato il nostro bestiame, bruciati vivi i maiali, dato fondo ai nostri viveri ed alle bottiglie di vino della cantina.

Mentre il cascinale bruciava, la milizia salì sui camion per fare ritorno in città, mentre alcuni di loro scortarono il bestiame a piedi, obbligando mio fratello Giuseppe ad accompagnarli. […]

Il 1 agosto 1944, giorno successivo all’incursione a cascina Salimau, mio padre Giacomo, preoccupato per la sorte del figlio, aveva raggiunto il comando repubblichino a Bra.

I militi di servizio non diedero spiegazioni sulla sorte di Giuseppe, e mio padre si preoccupò moltissimo ed un brutto presentimento gli si affacciò alla mente.

Soltanto giorni dopo, un ragazzo che stava portando del bestiame al pascolo, intravide un corpo in un fossato. Era Giuseppe, piegato a terra con le braccia ancora incrociate davanti al viso. Non era molto distante da casa nostra, però era impossibile scorgerlo perché il fogliame impediva la vista del suo corpo disteso sull’erba.

I suoi aguzzini lo avevano fatto distendere in un avvallamento a lato della strada che stavano percorrendo per raggiungere Bra, e gli avevano sparato vigliaccamente alla nuca. Due proiettili erano usciti dall’altra parte, di fianco agli occhi, senza riuscire ad intaccarglieli.

A dispetto della violenza di quel gesto, le pallottole non erano riuscite a rovinare gli occhi di Giuseppe che, nel ricordo di chi l’ha conosciuto, erano buoni e di un profondo “azzurro cielo”».

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