La vicenda di Giovanni Cane è emblematica di una situazione ricorrente nei paesi del Roero. Si conclude con la sua morte.
Magliano Alfieri, a partire dal febbraio del 1945.
Frequenti incursioni dei fascisti della Muti.
Il 24 febbario uccidono il renitente Giovanni Cane (classe 1920,). Non si presenta alla chiamata alle armi. L’uccisione avviene presso la chiesa di S. Maria.
Risveglio partigiano.
Alcuni giovani di Magliano Alfieri entrano nelle bande partigiane presenti sul territorio. Iniziano a lottare attivamente.
Carlo Adriano, Giuseppe Scanavino, Pierino Canavero, Aldo Cogno, Giovanni Massucco e Giovanni Giacone si arruolano nella Brigata Canale. C’era anche una squadra di Magliano.
I nascondigli sono le grotte sotterranee lungo il crinale che sale a Magliano Alto.
Questa è la testimonianza di Ernesto Volpe. E’ toccante!
«Il matot ‘d Chile era uno di leva come me e, se mi avessero preso, avrei fatto anch’io la sua fine, anche se sembra che lui sia stato ucciso soprattutto per rubargli i soldi delle nocciole.
Gli altri che avevano arrestato li hanno lasciati andare, ma era tutta gente di oltre cinquant’anni, mentre al figlio ‘d Chile hanno legato le mani con una corda di paracadute, così strette che quando lo hanno slegato aveva tutte le braccia nere; per ucciderlo gli hanno sparato nella testa.
Si erano fatti arrestare in maniera ingenua, affacciandosi al colle di S. Maria per vedere il fuoco della cascina che bruciava in Mèssa, così i fascisti li hanno visti col binocolo e li hanno circondati. Poi li hanno fatti scendere in colonna verso il paese, ma la vittima l’ hanno lasciata in fondo alla fila, così a S. Maria l’hanno fermato senza che gli altri potessero accorgersi di cosa stava succedendo.
Questo è stato l’ultimo fatto d’armi a Magliano; la guerra volgeva ormai al termine e i fascisti non si muovevano quasi più da Alba, infatti li hanno pi catturati tutti là, Rossi e la sua banda.»
Michele Bertolotto ci racconta:
«I repubblichini cercavano i renitenti alla leva, perciò ho costruito un nascondiglio in cantina per mio fratello Ernesto e Steurin ‘d Patan che erano scappati dall’esercito.
Io e i miei siano stati in qualche modo spettatori di due brutte pagine della guerra di liberazione a Magliano, una ad opera dei fascisti, l’altra dei partigiani.
Ninu ‘d Chile era a casa nostra qualche ora prima che i fascisti lo uccidessero.
Quand’è arrivato, ci ha detto che i fascisti stavano girando per Magliano, allora noi gli abbiamo detto di nascondersi sulla cascina o almeno di cambiarsi i pantaloni, perché li aveva gialli e poteva essere scambiato facilmente per un partigiano, ma lui non ci ha dato retta.
Se fosse rimasto qui non lo avrebbero catturato e ucciso.[…]
I fascisti hanno quindi preso Giovanni Cane a S. Maria e l’ hanno ucciso, forse perché aveva dei soldi o perché lo credevano un partigiano. Poi sono andati all’osteria di Jin ‘ Ruseta e si sono messi a controllare il portafoglio che gli avevano preso. Malvina Cane ha riconosciuto la foto, ma non ha detto niente.
Il giorno dopo la mamma di Ninu è andata a messa prima e ha detto – Mio figlio non è venuto a casa stanotte, speriamo solo che non gli sia successo niente, perché ieri sera lo hanno preso -. Poi è andata a S. Maria, forse perché aveva sentito dire che lì era successo qualcosa, e l’ha trovato per terra. Morto.»