Una condanna esemplare

Alle 8,30 i tedeschi, dopo i saccheggi nella cascine, radunano i fermati. Un processo burla, pochi minuti, condannati a morte. Tutti accusati di essere “banditi”.

L’esecuzione è prevista a Carmagnola. Percorso un chilometro, i tedeschi ordinano il dietrofront: occorre atterrire la popolazione civile nella speranza di fare terra bruciata intorno alle formazioni partigiane: i ceresolesi devono morire a Ceresole.

«Carri armati, autoblinde e soldati SS occupano letteralmente la via principale. Vedo i miei giovani col viso tumefatto, occhi pieni di sangue, quasi irriconoscibili…», così il parroco don Pietro Cordero nel 1954, ricorda la scena.

Allineati lungo il muro affacciato sull’albergo Campana di Giacomo Novarino. Preparati i cappi: una corda srotolata e tagliata a lunghezze regolari. Il parroco ha dieci minuti per confessare i condannati e distribuire le ostie.

Dei dieci condannati a morte nove vengono giustiziati.

Uno, Giuseppe Lusso, è trattenuto per essere giustiziato altrove. Lo portano prima a Carmagnola e poi a Scalenghe. Dopo una ventina di giorni è rilasciato.


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