L’esecuzione crudele

Giovanni Trinchero, Florindo Pettinati e Ruggero Degno sono impiccati a un balcone dell’albergo Campana.

Ruggero non non muore subito, si dimena disperatamente. Un milite corpulento si aggrappa a lui finché il corpo non si muove più. Poi si allontana soddisfatto, ridendo e fumando con indifferenza.
Di lì a poco sono impiccati a un altro balcone dell’albergo Tommaso Marocco, Gregorio Ferrero e Michele Dassano.
Passano alcuni minuti e al balcone di casa Croce, un’abitazione privata che sorge a cento metri di distanza, vengono impiccati Vincenzo Molina, Giovanni Novarino e Gianfermo Burzio. La corda di Gianfermo si spezza e lui si rialza incredulo. Immediatamente i tedeschi lo impiccano una seconda volta. Questa volta la corda non si spezza.

L’eccidio è compiuto. I tedeschi non sono ancora soddisfatti: incendiano l’albergo Campana.
Le fiamme bruciano anche le corde di tre degli impiccati che stramazzano al suolo ormai irriconoscibili. Nuovamente issati al balcone.

Il più alto in grado tra i tedeschi ordina che i giustiziati siano lasciati a penzolare pena la distruzione dell’abitato. La popolazione atterrita dalla violenza perpetrata non osa disattendere gli ordini. I tedeschi che sorvolano più volte l’abitato per verificare il rispetto delle disposizioni impartite.

Le SS lasciano Ceresole portandosi dietro i beni razziati e alcuni ostaggi, tra cui il muratore torinese Vincenzo Montella (36 anni) sorpreso presso la cascina Baracca. È impiccato con Onorato Toppan poche ore dopo sul piazzale della stazione di Sommariva Bosco.

I corpi dei nove impiccati di Ceresole, ormai in parziale decomposizione a causa del caldo estivo, sono resi alle famiglie e alla pietà della comunità solo nel pomeriggio del giorno dopo, domenica 23 luglio 1944.

 

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