Il rastrellamento del 23 febbraio, il più sanguinoso, parte al mattino dal presidio di Alba e ha come protagonisti gli Arditi dei RAP.
La mattina del 23 alcune spie in abiti borghesi precedono la truppa, che batte a tappeto le campagne divisa in piccoli gruppi.
A Guarene viene catturato Patrizi Filiberto di anni 24, un militare sbandatosi all’8 settembre proveniente da Grottaglie di Castro (Viterbo) rimasto bloccato al nord dopo l’armistizio. Si guadagna da vivere lavorando presso una famiglia contadina del paese. Per non compromettere chi lo ospita rifiuta di rivelare i loro nomi (secondo una testimonianza Filiberto è ospite dei mezzadri del parroco di Guarene, presso la cascina San Gian, nda). Grazie al suo coraggioso silenzio la famiglia non subisce ritorsioni.
Con lui a Guarene sono catturati Pietro Boasso, di anni 37 residente a Fossano e partigiano garibaldino nella 14a Divisione Capriolo, anche lui nascosto dai mezzadri, e il civile Francesco Ferrero originario di Cherasco, di anni 63. L’età avanzata rende difficile motivare la sua cattura, probabilmente è parente di partigiani o un loro fiancheggiatore.
Nello stesso episodio viene data alle fiamme e saccheggiata un’abitazione civile e portati via un vitello e pollame.
Tre spie in abiti borghesi raggiungono per prime Castagnito per non mettere in allarme la popolazione prima dell’arrivo della colonna. All’incrocio della strada per Vezza d’Alba (dalla chiesa della Madonnina) i tre si separarono per perlustrare l’abitato. Uno di loro sente la moglie del sarto Spirito Ferrero, la signora Rina, avvisare il calzolaio Battaglino, dell’imminente arrivo dei repubblichini così da consentirgli di far fuggire un soldato sbandato a cui la famiglia Battaglino dà rifugio. Così, sia il soldato che la signora Rina vengono catturati all’arrivo della truppa in paese verso le 10 di mattina.
Altre case del paese sono perquisite e altri due castagnitesi vengono presi:
- Giacomo Giacosa, padre di Luigi che era nei partigiani garibaldini e
- Stefano Cassinelli, sorpreso dai fascisti mentre rientra a casa dal lavoro in campagna. Ha 20 anni e dopo l’8 settembre non ha ripreso le armi disertando i bandi della Repubblica di Salò.
Gli ufficiali poi pranzano nell’osteria in centro al paese mentre i prigionieri sono rinchiusi sulla terrazza e costringono alcune ragazze (tra cui Flavia Davico, sorella del partigiano garibaldino Renzo) terrorizzate dalla prepotenza dei fascisti, a servirli. Terminato il pranzo i prigionieri sono portati in piazza Cesare Battisti e costretti ad assistere alla fucilazione dei tre catturati a Guarene secondo un tragico modello intimidatorio mentre la gente del paese assiste impotente e terrorizzata dietro le finestre.
Dopo l’esecuzione, verso le quattro di pomeriggio, i prigionieri superstiti sono caricati su di un autocarro al seguito della colonna che riprende la sua marcia verso Castellinaldo.
Un centinaio di metri prima di entrare nella piazza delle Aie una targa ricorda il luogo in cui Stefano Cassinelli è ucciso per mano del tenente Rossi con tre colpi di pistola alla nuca.
La signora Rina, incinta, e Giacomo Giacosa, dopo essere stati terrorizzati per ore dalle minacce e dalle esecuzioni a cui devono assistere, sono rilasciati a Govone, ultima tappa nota sul percorso della colonna (secondo altre testimonianze i due castagnitesi sono liberati solo il giorno seguente ad Alba).
Il soldato nascosto dai Battaglino, per salvarsi, firma l’arruolamento nei repubblichini, opportunità offertagli perché trovato senza armi e perché meridionale. Il giovane riuscirà presto a disertare unendosi ai partigiani.